Meditazione e Realtà

Dopo aver considerato il ruolo del concetto nella costruzione del nostro universo culturale, vediamo perché la meditazione dovrebbe essere una delle vie maestre per superare la crisi entro cui l’Occidente si dibatte.

Intanto rileviamo come, a differenza dell’etica e della visione reale, essa contenga in sé una componente che potremmo definire “metodica” o “strumentale”.

Si tratta infatti di un percorso che ha un suo metodo e una sua disciplina e che si articola come una conoscenza sperimentale che attiviamo, approfondiamo e perseguiamo su noi stessi.

E’ un affinamento che riguarda il nostro sentirsi, l’auto-percepirsi, un estendere e approfondire la consapevolezza sulle relazioni che intercorrono fra corpo e mente.

 Costruzione del Mondo secondo Concetto

Nella normale visione operata dal concetto sul mondo, abbiamo di fronte a noi una serie di oggetti, ognuno dei quali risulta alla nostra percezione indipendente dall’altro.1)

L’orizzonte mondano è così composto da una molteplicità di enti fisici fra loro concettualmente separati, sui quali si cala il nostro sguardo e la nostra attenzione.

Si tratta il più delle volte di una attenzione che coglie un oggetto alla volta soffermandovisi in modo prioritario, mentre gli altri oggetti si dispongono sullo sfondo, oscurati dal suo focus.

Il concetto tuttavia non si limita a costruire i suoi oggetti, ma li organizza in giudizi e in catene associative, le quali si rendono mentalmente indipendenti dal mondo esterno, producendosi autonomamente come rappresentazioni.

In tal modo la realtà esterna lascia il posto a una serie ininterrotta di rappresentazioni che finiscono con il sovrapporsi ad essa e nelle quali non vi è solo separazione negli oggetti rappresentati, ma anche fra soggetto e oggetto, fra osservatore e oggetto osservato.

In questa scissione dualistica si gioca tutta l’esistenza ordinaria degli esseri umani, sia a livello personale che collettivo, in quanto essa fonda anche le modalità culturali di progettazione e trasformazione della natura stessa.

La dicotomia soggetto-oggetto presuppone infatti quel che noi chiamiamo “libertà” umana, la quale si esprime sul piano personale come scelta e su quello collettivo come possibilità di esercitare nei confronti della natura le nostre potenzialità trasformatrici: è la nascita della cultura in tutte le sue forme.

Occorre tuttavia notare come questa presunta autonomia in realtà sfoci nella dipendenza.

A livello individuale il focus che esercitiamo sugli oggetti finisce infatti per imprigionarci dentro le catene associative e le rappresentazioni in cui siamo costantemente immersi.

E parallelamente – a livello sociale – quanto più si dispiega l’azione della cultura, tanto più siamo dominati e controllati dai nostri stessi oggetti e dalle rappresentazioni mentali della realtà.2)

Come dire: la rivoluzione del concetto inaugurata dall’Occidente duemilacinquecento anni fa ci conduce inesorabilmente verso le tre Parche dell’alienazione, della reificazione e della deiezione.3)

Meditazione come Via verso la Totalità del Reale

La meditazione ha un approccio che può invertire questa dinamica.

Non che essa intenda eliminare i concetti, ma piuttosto reintegrarli nella loro matrice, cogliendoli per quel che sono: semplici operazioni logiche di cui ci serviamo per avere una rappresentazione convenzionalmente comunicabile del mondo stesso.

In ciò li liberiamo dalle rigide pastoie mentali che vengono scambiate per la realtà.

Mentre il concetto divideva gli enti fra di loro, l’approccio meditativo tende a cogliere i dati dell’esperienza come un continuum privo di alcuna soluzione di continuità.

Certo, nella meditazione i fenomeni continuano ad essere distinti ognuno nelle proprie forme e caratteristiche, ma senza che ciò introduca l’oggettivazione dell’ente, di un oggetto cioè che sia autonomo e separato per essenza da altri oggetti.

In effetti, non esistono tali enti nel mondo reale, ma solo continuità di processi ad ogni livello fenomenico dell’esperienza e la meditazione si limita a esercitare attenzione e presenza mentale nei loro confronti.

Questa mancanza di discontinuità nell’esperienza fa sì che cada anche la dicotomia soggetto-oggetto, in cui normalmente ci si rappresenta un soggetto o “io” che ha di fronte a sé il suo oggetto-mondo.

Nella meditazione l’osservatore è completamente fuso nel mondo che osserva e in modo tale che anche l’osservazione, la quale contiene in sé un ultimo residuo di dualismo, alla fine cade per lasciare il posto a una “contemplazione” completamente immersa in se stessa.

Si noti come questo tipo di immersione non crei dipendenza dai fenomeni che vi appaiono dentro.

La mancanza di scissione fra gli oggetti e fra il soggetto e l’oggetto fa sì che i fenomeni non assorbano mai completamente il focus dell’attenzione.

Anche quando ci si sofferma su un singolo fenomeno (una forma, un movimento, una qualità etc.) non si resta mai prigionieri all’interno di questo.

La meditazione ha uno sguardo globale in cui il singolo fenomeno viene sempre trasceso nell’orizzonte totale della prospettiva meditativa.

Si è sempre al contempo “dentro” e “fuori” dal singolo fenomeno e persino dalla pluralità dei fenomeni stessi.

In questa situazione si sperimenta a poco a poco l’organica totalità del reale.

E a poco a poco l’osservatore stesso si dissolve entro questa totalità.

Tali processi, che prendono corpo attraverso la meditazione, da un lato ci guariscono da tutte le limitazioni dei concetti che si sostituiscono alla realtà, dall’altro favoriscono una radicale trasformazione nella consapevolezza del Reale che a poco a poco comincia di nuovo a irradiare di sé il mondo decurtato, inaridito e alienato da se stesso.

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1) Definiamo “oggetti” non i semplici fenomeni o cose del mondo, ma l’etichettamento mentale e rappresentativo che ne abbiamo fatto.

2) Ciò appare particolarmente evidente nella fase dell’attuale società dello spettacolo e nella realtà virtuale prodotta dalla rivoluzione informatica che si fa sempre più totalizzante.

3) Alienazione=estranearsi negli oggetti, da cui reificazione=divenire mera cosa, oggetto inanimato, da cui deiezione=essere gettati nel mondo (Heidegger) senza alcun significato di ciò che siamo realmente noi e la Realtà tutta.