L’Archetipo Vivente

Impressione dei Sentire

Abbiamo visto che l’ego è una appercezione ossia un sentire dell’io presente in tutti i suoi contenuti.1)

Questo sentire egoico è costante, ma la sua forma muta continuamente, dato che le emozioni e gli stati mentali che insorgono in noi sono sempre differenti e occupano l’intero spettro della nostra attività psichica.

L’ego, nella sua appercezione, diventa via via ognuno di questi stati, manifestandoli nella sua reattività quotidiana.

I differenti sentire egoici si susseguono così l’un l’altro continuamente, uno stato mentale lascia il posto al successivo, ma questi differenti sentire, queste differenti qualità appercettive, proprio perché si ripetono indefinitamente nel tempo, finiscono con il depositare la loro impronta negli strati più profondi della coscienza.

Queste impronte costituiscono la forma dell’appercezione egoica, nel senso che determinano le modalità del suo sentire, il contenuto emozionale e mentale che l’ego assume nel corso delle sue manifestazioni.

Si tratta di impressioni di tipo abitudinario: più un determinato sentire si manifesta nell’ego, più la relativa impronta risulterà marcata e, d’altro canto, quanto più questa sarà profonda, tanto più facilmente potrà riattivarsi come specifico sentire.2)

L’Archetipo

Ora ci domandiamo: dove sono depositate tutte queste impronte? Abbiamo già detto precedentemente che vengono impresse nel fondo della coscienza. Tuttavia occorre precisare.

La coscienza si manifesta nella sua espressione egoica. Qui abbiamo un io (soggetto logico) e un ego (sentire dell’io).3)

Tale sentire è una appercezione ossia un sentire-di-sé nei propri contenuti.

Quando diciamo che un sentire si ripete è come se dicessimo che una particolare appercezione (e cioè un particolare sentire egoico) si ripete.

Le impressioni dunque non sono altro che la tendenza a manifestare determinati sentire appercettivi, ossia modi tendenziali e abitudinari con cui l’ego reagisce agli stimoli dell’esperienza.

Sono l’architettura dinamica che costruisce i processi dell’ego e non qualcosa che si fissa in un substrato materiale corporeo.4)

Occorre sottolineare che, mentre nell’ego i sentire si manifestano separatamente, le impressioni sono invece tutte compresenti e, a seconda dei diversi sentire immagazzinati, formano differenti configurazioni d’insieme.

Diremo dunque che tali configurazioni sono archetipiche nel senso che costituiscono il fondamento del sentire dei differenti esseri viventi.

Ogni specie vivente, a seconda della sua evoluzione fisica e mentale, deposita impronte specifiche che poi configurano il suo livello ontologico.

Queste configurazioni fanno parte di un unico processo o struttura che è l’archetipo, inteso come forma primigenia del vivente, che in sé comprende tutte le possibili configurazioni appercettive.

Potremmo a questo punto affermare che l’archetipo è trascendentale in quanto apriori di ogni vita e di ogni sentire ed è a fondamento di ogni classe di esseri nella loro molteplicità.5)

Il Lavoro dell’Archetipo

Le impronte si fissano nell’atto appercettivo della coscienza.

Le configurazioni, ossia l’insieme di determinate impronte, variano sulla base di due fattori.

Il primo è dato dai livelli del sentire. Ogni essere vivente è caratterizzato da una profondità del sentire egoico che dipende dal suo sviluppo onto-psichico.

Nell’uomo, ad es., le funzioni della mente logica discriminante sono di gran lunga più evolute rispetto alle altre specie animali.

Ciò determina un incremento della complessità del sentire, in quanto si attivano nuovi e più sottili stati e l’ego acquista un maggior peso nelle operazioni mentali e pratiche quotidiane.

Ragion per cui la configurazione archetipica umana sarà più complessa, ma anche più completa rispetto a configurazioni di minore profondità del sentire.

Il secondo fattore riguarda invece non più il livello complessivo del sentire raggiunto, ma il rapporto che le impronte hanno tra di loro.

Abbiamo infatto visto che non tutte hanno la stessa profondità, non tutte sono ugualmente marcate.

I sentire che si sono ripetuti più frequentemente rispetto agli altri sono prioritari e ciò determina una loro maggiore incidenza nella configurazione d’insieme.

Così le configurazioni sono estremamente variabili via via che divengono più complesse, in quanto i sentire impressi variano non solo da specie a specie ma anche da individuo a individuo.6)

Detto questo ci chiediamo: qual è il compito di queste formazioni archetipiche?

Risposta: di essere la base della vita, nelle sue specifiche e individuali manifestazioni. E di essere la base dei sentire dell’individuo, da cui si formerà il carattere.

Così, ogni esperienza che il vivente compie durante la sua esistenza si fissa nei sentire e appronta la sua configurazione, che sarà poi la base da cui si sprigionerà di nuovo la vita, l’ego, l’io e – per quanto concerne lo specifico umano – la nuova persona.

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1) Cfr. L’articolo “Appercezione Egoica“.

2) La teoria delle impronte immagazzinate nel fondo della coscienza è della scuola Yogacara, in cui l’Alaya Vijnana vale come deposito del karma, ossia dell’effetto delle azioni degli esseri. Per noi tuttavia l’Alaya non crea tutta la realtà, come voleva questa scuola “idealistica”, ma piuttosto è a fondamento del continuum universale della vita.

3) E’ chiaro tuttavia che io ed ego sono espressioni diversificate di una medesima funzione: l’io-ego.

4) Nella teoria dei dodici anelli o Pratītyasamutpāda i samskara, cioè i condizionamenti, le impronte che vengono depositate nell’Alaya Vijnana, sono definiti anche “attività costruttive”.

5) L’archetipo è una formulazione tipicamente occidentale, da Platone passando per Jung. Per il primo esso non è altro che il modello ideale delle cose, per il secondo è un simbolo o un insieme di simboli impressi nelle profondità dell’inconscio. Secondo noi costituisce la struttura primaria – dunque trascendentale – della vita. Nel buddismo ve n’è un vago accenno nel Lankavatara Sutra in cui si afferma che la Mente Universale “assomiglia a un attore che interpreta vari ruoli, tra i quali ha luogo un funzionamento reciproco da cui sorge il sistema della mente.” (Cap. 5)

6) Le configurazioni archetipiche che costituiscono variazioni dell’unico archetipo della vita individuale, sono nient’altro che l’organizzazione dei sentire abitudinari impressi, con le specifiche energie cui si accompagnano. L’archetipo dunque può essere visto (un po’ come la luce che è onda e particella insieme) o come configurazione egoica o come configurazione delle sue intime  energie. Nel sentire queste due rappresentazioni si equivalgono.