La Realtà Decurtata

Genesi dell’Occidente

Il mondo in cui viviamo è il risultato di un percorso che ha preso l’avvio duemilacinquecento anni fa, sulle coste dall’Asia minore. Siamo agli albori della filosofia occidentale, in cui avvenne una delle scoperte più importanti per l’umanità.

Nel bacino del Mediterraneo orientale e sulle coste dell’attuale Turchia, le popolazioni di lingua greca iniziarono ad adottare la moneta come mezzo di scambio. Questo non fu solo un fatto che riguardò l’economia, ma costituì l’epicentro di una rivoluzione culturale in cui si produsse l’evidenza di una nuova realtà.

Ciò che improvvisamente si rivelò fu la potenza ideativa della ragione umana, manifestantesi non solo nell’astrazione logica del “valore monetario”, ma nella pratica dell’agrimensura formalizzata dalla nascente geometria euclidea.

Veniva insomma alla luce la consapevolezza del concetto nella sua forma matematica, che avrebbe permeato anche la musica (Pitagora) e l’etica speculativa (Socrate e Platone).

L’uomo per la prima volta si trovava di fronte all’evidenza del “mondo delle idee”, che aveva la capacità di incidere nella realtà della sua vita e che, negli assiomi e nei teoremi elaborati dalla geometria, rivelava una corrispondenza fra realtà del mondo e mente umana, da cui sarebbe in seguito sorta la visione ellenica del logos, di una razionalità cosmica di cui l’uomo era al contempo partecipe e depositario.

Iniziava a quel punto la “civiltà occidentale” che può essere vista come un progressivo affermarsi della potenza concettuale destinata ad imporsi in tutti gli ambiti della vita culturale, nella filosofia certamente, ma anche nell’arte, nella letteratura e soprattutto nella scienza.

Il primato dell’Occidente, a livello politico ed economico, è dovuto per l’appunto alla capacità di elaborare il concetto nella sua versione esatta, ossia matematica. La scienza, che di questo concetto è la depositaria, è stata l’artefice della supremazia della civiltà occidentale e la base del suo progresso in tutti i settori della vita associata.

Il “mondo delle idee”, validate scientificamente, ha in tal modo costruito la fede che la corrispondenza mente-realtà fosse assoluta, che il limite della visione che l’uomo ha del mondo e la sua scienza fossero ipso facto il limite stesso della realtà.

Oggetto e Alienazione

Per valutare un fenomeno occorre seguirlo in tutto il suo svolgimento, dunque per giudicare la pretesa occidentale dell’assolutezza del concetto basta verificarne la genesi e l’epilogo: dall’antichità ellenica all’attualità di oggi.

Sul piano pratico, economico, scientifico, ma anche militare, il concetto si è rivelato vincente. Se oggi si parla di “globalismo” è perché l’Occidente può dettare al mondo intero la sua agenda culturale.

Eppure, il trionfalismo dei secoli passati sul tipo di “progresso” che il concetto – la filosofia dell’Occidente – ha apportato alla nostra realtà, sembra ormai definitivamente fugato. Al contrario l’Occidente si trova di fronte a una crisi senza precedenti di cui non riesce nemmeno a scorgere il fondo. Di che cosa si tratta?

C’è una parola, che ha avuto origine nella filosofia hegeliana e poi maggior fortuna nel marxismo, la quale riassume in sé i connotati della crisi occidentale: alienazione. 1)

“Alienazione” significa “estraneazione”, “divenire altro”. Se dovessimo andare al centro di questo significato, superando tutte le definizioni parziali, diremmo che l’alienazione riguarda non solo gli aspetti limitati ancorché fondanti della società umana occidentale sul versante economico, politico, etico, artistico, psicologico, etc. etc. , ma giunge in profondità, nel luogo stesso che il concetto aveva inaugurato e preconizzato per essa.

Si tratta nientemeno che la costruzione dell’oggetto, del mondo e della realtà considerati, visti, esperiti, come “oggetto”.

Il concetto, che era stato “scoperto” dai nostri antenati ellenici e poi meticolosamente potenziato per duemila anni a questa parte, presupponeva infatti la costruzione di una realtà in cui tutto – prima o poi – finisse con l’assumere l’aspetto dell’oggetto, alterità morta, de-finita in sé che vale solo in quanto è termine di possesso da parte dell’individuo concepito a sua volta come soggetto.

La crisi della civiltà occidentale dunque nulla è se non l’aver definito il valore dell’esistente come semplice oggetto, cioè come qualcosa di “altro” rispetto all’osservatore, i cui limiti sono definiti una volta per tutte.

E qui non si parla solo di cose, di oggetti parziali, strumentali e materiali, ma dello stesso valore della Realtà.

In altri termini, il pensiero concettuale ha reso oggetto non solo i contenuti e i dati che viviamo ogni giorno, ma la realtà stessa, anch’essa – nella sua totalità di mondo o di universo globale – disponibile all’utilizzazione e al possesso, anch’essa limitata nel suo orizzonte dallo sguardo di chi pretende di ridurla a oggetto proprio.

La Parabola Involutiva

Come ci hanno insegnato i padri della filosofia occidentale – Platone ed Aristotele – il concetto è un prodotto e una elaborazione della conoscenza che funziona per gradi: concetto puro (noesis), concetto esatto o matematico (diànoia), concetto nella sua accezione comune che fonda non più la scienza o la filosofia ma la semplice opinione (doxa), e a questo punto anche concetti e rappresentazioni potenzialmente erronei (pistis ed eikasia) visto che l’opinione è sempre parziale e relativa, soggetta com’è al fraintendimento e all’incomprensione.

La parabola del concetto in Occidente è che esso si è involuto nel tempo in senso discendente, divenendo niente più che un semplice strumento della “opinione”, come ci dimostra la funzione della comunicazione e dell’ideologia nella nostra attuale società di massa.

E anche la scienza, che deteneva il concetto esatto – metodico – per la trasformazione del mondo, è divenuta ancella ideologica dell’opinione corrente, quando non è utilizzata per appropriarsi del mondo nella sua funzione di mero oggetto.

Così attualmente trionfa la parcellizazione della realtà e la sua astrazione nei frammenti virtuali scambiati per reali, accanto alla volgarizzazione del concetto che manipola e disciplina le masse di una società dove la comunicazione è ideologia funzionale al potere.

I filosofi greci sapevano tuttavia che il concetto era il prodotto di qualcosa che veniva prima della rappresentazione parziale della realtà e prima del processo astrattivo oggettivante. “Idea” o “noesis” (visione, intuizione illuminante non-duale) significava l’acme del concetto, il suo fondamento genetico. 2)

Il succo del nostro discorso è che la crisi attuale, che fonda in un progressivo deteriorarsi dello spirito umano, vada ribaltata di segno, ché il compito prioritario dell’oggi è quello di passare dal processo discendente a quello ascendente, per recuperare la Realtà a se stessa.

————————

1) Il primo a usare questo termine fu Rousseau, in senso contrattualistico fra cittadini e volontà generale [secondo il filosofo francese, l’alienazione avveniva nel momento in cui i cittadini, “stringendo” il contratto sociale, si alienavano di tutti i loro diritti a favore di un’entità superiore, la “volontà generale”. (Wikipedia). Successivamente in Hegel funge da elemento centrale del suo sistema filosofico: l’Idea che si fa “altra-da-sé” nella natura.

2) Il concetto di noesis risale alla filosofia di Aristotele e Platone, per il quale rappresenta la facoltà della conoscenza intuitiva e prediscorsiva. (Wikipedia) Idea era a  sua volta “visione”, “forma” di intuizione non-duale.