Una Disciplina Esistenziale

Motivazione, Disciplina, Raccoglimento

Quando noi parliamo di “Realtà”, intendiamo restituire alla realtà fenomenica tutto il suo spessore ontologico. Ma non solo.

La Realtà infatti va ben oltre il puro mondo dell’apparenza dei fenomeni ed anche oltre quello della coscienza.

Potremo parafrasarne il significato accostandola alla questione del senso ultimo dell’esistere e della Verità con la V maiuscola.

Dire che la meditazione è una delle vie che conduce ad essa costituisce indubbiamente una affermazione forte che non va presa a cuor leggero, in quanto presuppone un atteggiamento conseguente sul piano della motivazione.

Alla meditazione affidiamo la nostra esistenza affinché la recuperi nella sua dimensione più profonda ed autentica, togliendola dalla superficialità e dalla frammentazione per renderla organica e determinata.

Quanto più ci identificheremo con questo compito tanto più essa diventerà il cuore della nostra vita, a cui conferirà nuovo spessore e nuovo sentire.

Essendo una pratica che coinvolge corpo e mente, dovremo in qualche modo adoprarci affinché la motivazione possa realizzarsi nonostante gli ostacoli che inevitabilmente si frapporranno fra noi ed essa.

Per quanto profonda e autentica, la motivazione infatti non basta a se stessa: occorre reggerla attraverso la colonna vertebrale della disciplina.

Questa parola va innanzitutto intesa come determinazione della volontà che non abdica di fronte alle difficoltà e agli scoramenti, mantenendo il filo unitario della continuità.

La disciplina non è un imporre una sorta di marchio del dovere a ciò che facciamo, ma piuttosto la qualità di essere discepoli e sempre principianti.

Non si regge sull’io-ego, sulla coercizione interiore, ma rappresenta la determinazione di rendersi disponibili all’esperienza e all’azione della meditazione stessa, di cui siamo appunto “discepoli”.

Nel nostro cammino verso la sperimentazione di noi stessi siamo infatti sempre apprendisti della meditazione e dunque – in senso più proprio – della vita.

Più percorriamo questo sentiero, più comprendiamo di essere perennemente discepoli, perché le cadute improvvise, così come le involuzioni tendenziali, sono sempre presenti a ricordarcelo.

La disciplina richiede pazienza e amore, senza ombra di giudizio o – peggio – di autocondanna o commiserazione.

E’ una sorta di consegna del cuore in cui ci raccogliamo, ci rendiamo semplici e unitari, ogni giorno, a partire dalla nostra pratica quotidiana.

Il raccoglimento in se stessi non è un ripiegamento, perché in quella unità ritroviamo l’unità delle cose che ci circondano e delle persone con cui veniamo a contatto.

E tutto questo in maniera dinamica, non data e conclusa una volta per tutte.

Per quanto la pratica possa apparire ogni giorno uguale a se stessa, nel ripetersi abitudinario della disciplina, ci accorgeremo ben presto che non vi è una meditazione che, per modi e contenuti, sia mai identica alla meditazione che abbiamo fatto ieri e che faremo domani.

Essenzialità della Pratica

 Dire “disciplina esistenziale” equivale a dire “disciplina essenziale”, in quanto la disciplina dell’esistenza ci conduce alla semplicità, all’autenticità, all’essenza.

Chi è mosso verso la meditazione è mosso verso l’essenza, ha già stabilito quale è il valore prioritario da perseguire.

Così la pratica della meditazione ci si presenta come la pratica dell’essenzialità.

Essa non abbisogna di inutili complementi, né di musiche di sottofondo, né di incensi e nemmeno di immagini, come pure di indumenti particolari od oggetti esotici.

Non le è necessaria la professione confessionale, le icone e l’appartenenza a una qualsivoglia chiesa, per essere quello che è.

Così, scegli un luogo che ti sia congeniale e cerca di praticare con continuità almeno una volta al giorno, possibilmente in silenzio e solitudine.

In quel luogo ritrova te stesso senza contrapporti a nulla, che siano ricordi, aspettative, pensieri, sensazioni.

Trova una posizione corporea che sia né troppo rigida, né troppo scomposta. L’importante  è sentirti un tutt’uno con l’ambiente e la sua gravità.

Gambe incrociate (come meglio puoi), schiena retta con il ventre leggermente in fuori, mani sulle ginocchia o una sull’altra, mento appena abbassato, sguardo sfocato alternato talvolta agli occhi chiusi.

Sentiti, analizzati e poi lasciati andare nella consapevolezza di ciò che accade.

Il respiro va e viene liberamente e permea il tuo corpo.

Fino a che le domande e le risposte lasciano il posto all’ascoltare il silenzio e al contemplare il grande vuoto dell’interiorità.